Spectre

Spectre
Spectre

Capitolo n. 24 di 007, Daniel Craig e Sam Mendes fanno il bis, mentre noi spettatori aspettiamo l'uscita in sala di No Time To Die, rimandato a causa del corona virus. Già ai tempi di Skyfall Craig aveva fatto capire di essere arrivato al capolinea con Bond, estenuante e fisicamente molto provante, tuttavia qualcosa o qualcuno deve averlo convinto a stringere i enti e portare a compimento anche il qui presente Spectre (è probabile che un family banker abbia giocato un qualche ruolo). In tre si riuniscono per stendere una sceneggiatura che continui ad avere degli appigli ai precedenti episodi con Craig, secondo la regola di mantenere i film interconnessi tra loro, con il successivo che è diretta prosecuzione del precedente. La grande idea stavolta è rispolverare la Spectre, sparita dai radar di 007 da parecchi film (l'ultimo Blofeld risale al 1981, quando in Solo Per I Tuoi Occhi Roger Moore la scaglia in una ciminiera con tanto di effetto sonoro da cartone animato modello Wile Coyote). Improvvisamente tutti i fili vengono riavvolti, la grande organizzazione criminale, nemesi di Bond, è viva e vegeta e agguerritissima. Anzi, il nuovo Blofeld (Christopher Waltz) ci rivela che dietro ognuna delle ultime avventure di Bond c'è sempre stato lui, artefice di tutti i disastri, i complotti e i dolori causati al caro vecchio James, compresa la dipartita della amatissima Vesper (Eva Green). Abbiamo anche importanti rivelazioni biografiche sul passato di Bond (quasi da soap opera) nonché la concretizzazione dell'episodio nel quale Blofeld si provoca la ferita all'occhio, naturalmente inflittagli da Bond. Come già accaduto per Casino Royale, anche qui si decide di dare una ripartenza al franchise, quindi non solo si recuperano i vecchi nemici della Spectre, ma si esplicita come Blofeld è diventato (morfologicamente) il Blofeld che tutti abbiamo imparato a conoscere.

Le riunioni della Spectre sono abbastanza comiche. Si ritrovano in una villona e con appena un lasciapassare (l'anellino col polipo), si oltrepassa la security e si arriva al meeting, dove i relatori parlano di malaffare e imbrogli come si fa in un cda aziendale. La scena è girata con una lentezza esasperante, che vuole creare atmosfera, ma è talmente patinata, parossistica e stilizzata da diventare alquanto umoristica. Più in generale Spectre assume un tono più cupo e riflessivo dei precedenti, c'è meno azione complessivamente, indirettamente proporzionale invece alle paturnie che assalgono Bond. Nuovamente 007 si innamora perdutamente, stavolta è il turno di Léa Seydoux. I due sono protagonisti di continui siparietti romantici. Bond le giura di poterla riconoscere tra mille (ed in effetti, con tutte le Bond girl passate in rassegna in 24 titoli ci vuole una buona memoria visiva) e sul finale i due sono protagonisti di una scena nauseante che sarebbe sembrata stopposa e diabetica persino in un film di Federico Moccia. Intendiamoci, l'azione quando c'è è di gran pregio - non fosse altro per i milamila miliardi di dollari impiegati per mettere in piedi il film (245, all'epoca la 9° produzione più costosa di sempre, ma nelle casse ne sono arrivati quasi 900 da parte dei botteghini di tutto il mondo) - tuttavia non riescono a tenere viva l'attenzione per un film smisuratamente lungo, che indulge continuamente in pedanti pause di gran filosofia esistenziale (paracula) e in generosi gorgheggi sentimentali che quasi costringono a riclassificare Spectre come un film d'amore anziché un action. Spectre è anche il film di Monica Bellucci, "sprecata" in apertura, per un minutaggio abbastanza esiguo ma pregnante. Le poche scene che la vedono presente bastano ad oscurare molte concorrenti della saga, ben più quotate e delineate in sceneggiatura. Tutta la parte italiana (romana) del film è all'insegna dello stereotipo più ributtante. Gli italiani sono dipinti come un popolo che ascolta continuamente musica lirica (il bel canto), beve alcol di qualità, è fa il gesto dell mano (il "cosa vuoi") che ci identifica nel mondo. Per come si conclude, Spectre sembra voler costituire una sorta di capitolo testamentario della serie, dai toni anche vagamente apocalittici, ma 148 minuti per una sceneggiatura così labile e vaga di cose che realmente accadono dà il senso di un horror vacui impressionante.

L'incipit del film (quello prima della gun barrel) è forse la miglior cosa di tutto il film, con la sua ambientazione messicana durante la festa dei morti, in un gran profluvio di costumi, comparse, trucchi necrofili ed un lungo piano sequenza che affascina. Purtroppo poi arriva la theme song di Sam Smith ("Writing's On The Wall") a raffreddare gli animi, trattandosi di una delle prove più brutte in assoluto di tutto il franchise, a mio parere naturalmente. Brava e carismatica la Seydoux, il cui personaggio è all'insegna della nuova vulgata bondiana in tema Bond girls, oltre le gambe c'è di più (come recitava una vecchia hit nostrana); ora le ragazze di James gli tengono testa in tutto e per tutto, sino a soggiogarlo. Tant'è che alla fine Bond rinuncia a fare quello che avrebbe dovuto fare (ed avrebbe fatto nelle ere precedente a quella di Craig) perché la Seydoux lo accusa incessantemente di essere solo un assassino prezzolato, mandando in crisi le convinzioni del più efficiente e determinato agente segreto di sua Maestà. Involuzione per il personaggio di Moneypenny (Naomie Harris), introdotta in Skyfall come una specie di alter ego bondiano, una spia impavida capace di stare sul campo e sparare come una cecchina, e che qui invece diventa impacciata e totalmente non operativa. Del resto tutto l'MI6 sembra fatto di burocrati inetti all'azione, né Q (Ben Whishaw), né M (Ralph Fiennes), né appunto Moneypenny se la cavano granché quando si tratta di far scorrere l'adrenalina (memorabile la scena del rapimento di Bond per le strade di Londra).

Ma forse il personaggio più imbarazzante è quello del papavero di Harvard, ovvero C (Andrew Scott), un fighetto qualunque raccattato fuori dagli Studios secondo la formula "il primo che passa con la faccia che potrebbe piacere alla segretaria di edizione". L'anonimato assoluto. Non va meglio con Waltz, attore di livello ma che qui continua a fare tutto il repertorio di faccette e atteggiamenti buffi richiesti da Tarantino nei suoi film. Q è un nerd che anche mentre è in coda alla Posta per pagare la bolletta, è in grado con un semplice portatile di scardinare qualsiasi difesa informatica mondiale e riprogrammare il pianeta. Francamente... anche meno. Impegnativa la scena dell'esplosione nel deserto del Marocco, che rimane impressa per via del record da guinness dei primati realizzato mediante 8418 litri di carburante e 33 chilogrammi di esplosivo. Ovviamente un solo ciak, o la va o la spacca. Ed ha spaccato. Tutto. Né manca la scena della tortura, consuetudine in Bond, ma che con Craig ha assunto toni crudi e veristici che secondo la Produzione fanno molto più "moderno e contemporaneo".. Rimane da vedere (e sperare) se dopo No Time To Die Craig taglierà davvero tutti i ponti col suo Bond in versione Manzotin (Ennio Antonelli in Febbre Da Cavallo), anche se poi in queste situazioni, si può sempre andare più a fondo rimpiangendo i predecessori (come puntualmente accade con i Governi della Repubblica).

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica