I Sopravvissuti Della Città Morta

I Sopravvissuti Della Città Morta
I Sopravvissuti Della Città Morta

Come consuetudine, sotto pseudonimo Antonio Margheriti dirige I Sopravvissuti Della Città Morta nel 1984. Indiana Jones era già alla sua seconda impresa su grande schermo (Il Tempio Maledetto esce lo stesso anno di questo film) e Margheriti pensa bene di tentare una versione italiana, anzi italo-turca per l'esattezza, delle girandole avventurose del personaggio creato da George Lucas, Lawrence Kasdan, Steven Spielberg e Harrison Ford. Certo, il budget è quello che è, ed attori, location ed effetti speciali non sono esattamente hollywoodiani, però c'è il mestiere di Margheriti, uno dei tanti che in Italia tra '70 e '80 si è inventato 90 minuti di pellicola partendo sistematicamente da zero (soprattutto in banca).

La vicenda è molto didascalica, un ladro avventuriero (David Warbeck) viene ingaggiato per ritrovare un tempio perduto di Gilgamesh nel quale è conservato lo scettro del potere del re semidio (divinità, semidivinità, demoni, c'è un po' di confusione in materia, ma fa tutto molto esotico ed esoterico....). Pure dei beduini manigoldi però vogliono sgraffignare lo scettro, e daranno del filo da torcere a Warbeck fino al finale tellurico. Trama lineare, come lineari sono i personaggi, le situazioni, tutto estremamente naive e impermeabile a chiaroscuri; un'avventura vecchio stile insomma, dove l'eroe è l'eroe, i cattivi sono i cattivi, la fidanzata dell'eroe (Susie Sudlow) è bionda, ochetta e pure un po' zoccola (praticamente vuole fare solo "quello").

La pellicola si apre e si chiuda sulla canzone portante del film, una trashata anni '80 che pare uscita da Yuppies dei Vanzina, ma evidentemente a Margheriti pareva una roba adattissima. I mirabolanti effetti speciali e le adrenaliniche scene d'azione sono di una modestia imbarazzante, il buon Anthony M. Dawson ti prende con la tenerezza proprio. La prima scazzottata nel suk del panzone che vende tappeti (Ricardo Palacios), è quasi una parodia di una scena d'azione, col picchiato che attende sistematicamente di subire il colpo del picchiatore (sembra una sessione di un-due-tre-stella), movimenti goffi e plateali, fino all'incomprensibile volo finale dell'aggressore fuori dalla finestra, causato da un colpettino che a mala pena lo avrebbe spostato di un passo (ma lui rotea e si catapulta in un eroico stage diving). Non va meglio con gli inseguimenti in auto, dato che ci metti 2 minuti a smascherare il plastico coi modellini dei trenini, delle macchinine e della vegetazione. Le automobiline si inseguono tutte tremolanti, e le sagomine fisse degli omini all'interno le sgamerebbe pure mio figlio di 5 anni. I plastici sono la soluzione tecnica adottata da Margheriti per supplire ai deficit di budget, poiché tornano anche più in là (ad esempio quello delle montagne di Cappadocia sorvolate dall'elicottero, per intendersi, quando viene scorta la catena montuosa a forma di svastica....vabbè!).

Per la prima ora di avventure ed esplorazioni mitiche non se ne ha traccia, il film scorre come una spy story, ed anzi viene apertamente citato 007 (Warbeck fa autoironia ritenendosi non adeguato ad imitare Roger Moore), con qualche momento di comicità (i beduini sono una massa di deficienti fantozziani imbranati). Gli ultimi 30 minuti di pellicola sono finalmente dedicati al tempio di Gilgamesh ed alla sua profanazione. Non vi immaginate comunque grandi e maestosi set, gli ambienti sono appena 2: il grande portale d'oro antistante il tempo, e la sala dove è custodita la tomba del re. Warbeck ci arriva con una spedizione preparata, tecnica e professionale, due grassoni senza né arte né parte, ovvero il venditore di tappeti Palacios e un ubriacone rincoglionito detto "Piattola" (Luciano Pigozzi) che anta anni fa accompagnò giovincello il "professorone" che per primo individuò il sito archeologico (nel fratempo però, si è ingollato cisterne di alcol e a malapena si ricorda il suo nome).

La montagna del tempio una volta era un vulcano, e a cadere in "sbocchi" di lava è un attimo, infatti, presto detto, al passare di Warbeck e compagni si aprono pozzi di lava vivissima. Questo consente a Margheriti di sparare luci rossastre sulle rocce di cartapesta, creando un'atmosfera che dà sul "fantastico" dopo il clima spionistico dei primi 2/3 di film. Come da immancabile profezia, il tempio è "programmato" per crollare non appena gli infedeli lo infangheranno con la loro avidità. - SPOILER: nel fuggi fuggi finale, i buoni salveranno la pelle, i cattivi in parte moriranno ed in parte scapperanno, ma lo scettro pare essere andato perduto....se non che, in una botta di simpatia canaglia, Palacios se lo leva dal sedere, e tutti risero di gran gusto. Stracult di Giusti riferisce che "alcuni" ritengono I Sopravvissuti Della Città Morta il "capolavoro" di Margheriti, a testimonianza della sua superiorità su Spielberg. Mi ci sono voluti 10 minuti buoni per farmi passare i crampi allo stomaco dalle risa dopo aver letto questa affermazione. Comunque la si pensi, film stracult del cinema bis nostrano, titolo fighissimo, ed una locandina stupenda (forse la cosa più bella del film).

Trailer ufficiale

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