Qualcosa Striscia Nel Buio

Qualcosa Striscia Nel Buio
Qualcosa Striscia Nel Buio

Film per certi versi inquietante, molto inquietante, ma più per ciò che è accaduto fuori dal set che per quello che vediamo all'interno della cornice dei fotogrammi, nonostante qualche suo bel momento lo abbia. Il "director" di Qualcosa Striscia Nel Buio (1971) è Mario Colucci, al suo secondo (nonché ultimo) film da regista; il precedente era Vendetta Per Vendetta ('68), un western atipico molto in odore di Oro Hondo (aka Se Sei Vivo Spara) di Giulio Questi, del '67, di cui riprende la violenza sadica e la sottotraccia omosessuale. Pure Qualcosa Striscia Nel Buio, non parte da uno script originalissimo, visto che per metà la trama ricalca abbastanza fedelmente Contronatura di Margheriti, per poi mettere in atto uno svolgimento più personale. Colucci insomma (8 titoli come scrittore, due come regista, uno come attore, è Ray Calloway in Vendetta Per Vendetta) è un tizio che passa come una meteora nel cinema di genere italiano del periodo. Appena due film e poi sparisce nel nulla, letteralmente, come fosse andato in crociera nel Triangolo delle Bermude. Nessuno sa nulla, nemmeno se sia vivo, e che faccia abbia oggi nel caso lo sia. Stessa sorte tocca a Dino Fazio, produttore del film e anche interprete (è il razionalissimo Ispettore Wright). Tra gli attori c'è pure il Maestro Angelo Francesco Lavagnino, che cura la colonna sonora del film, e recita la parte del professor Lawrence, uno dei personaggi meno riusciti a mio parere, un insopportabile saccente a cui viene messa sistematicamente la frase giusta in bocca, ogni sua affermazione è una sorta di sentenza pomposa scolpita nel marmo.

- SPOILER: Piuttosto originale il fatto che quelli che inizialmente sembrano i protagonisti della vicenda, muoiono in breve tempo, per cui lo spettatore deve riconsiderare le sue attenzioni e spostarle su altri personaggi che tirano la carretta fino a fine film. Tra i nomi di spicco comunque citerei una Lucia Bosè quarantenne e piacente, Giacomo Rossi Stuart e Farley Granger, il quale nonostante sia una spanna sopra tutti quanto a recitazione, non gode di un personaggio riuscitissimo. Lui è Spike, un serial killer paranoide, almeno così ci viene presentato; in realtà si tratta di un fascinoso ragazzotto, piuttosto lucido, più intento a far innamorare le annoiate signore borghesi come la Bosè che a commettere delitti efferati e pazzoidi. La sua caratterizzazione è troppo romantica rispetto alla fama che gli viene attribuita. Pare assai più spostato Rossi Stuart, che infatti dà il meglio di sé nella scena della possessione da parte di Loredana Nusciak (nonostante l'effetto "voce dall'oltretomba" lasci un po' a desiderare). Citazione specifica di Cineraglio per la misconosciuta Mia Genberg, assistente del Dr. Williams (Stelvio Rosi), altro tizio strambo, che prima smania ostentando una gran deontologia professionale, e poi, nel volgere di 2 secondi, accetta un bel drink e si dimentica tutto. Ma dicevo della Genberg, una roscia splendida con due fanali azzurri al posto degli occhi e che purtroppo si è vista ben poco nel cinema italiano (IMDB riporta appena una decina di titoli tra il '61 ed il '71). C'è poi pure Giulia Rovai, in una particina piccola, ma molto svestita, e che curiosamente mi ha ricordato un po' Gina Carano per le fattezze (ma scordatevi il davanzale della Carano).

Qualcosa Striscia Nel Buio esce in sordina, e se ne va in sordina, è un titolo "misterioso" del cinema di genere italiano, cultizzato dagli aficionados e dagli spaccatori del capello in quattro di b-movies, ma perlopiù ignorato dal resto del mondo. Personalmente non l'ho trovato proprio proprio un capolavoro; assai gradevole soprattutto per le atmosfere, per un certo clima di tensione che riesce a sviluppare, e per una fotografia discreta. Il ritmo però è estremamente lento, i personaggi a tratti appaiono forzati (come quando la Bosè, appena entrata nella villa dove tutti vengono ospitati causa alluvione, inizia a sproloquiare sulla facoltà di darsi a giochi erotici tra sconosciuti per ravvivare la serata; non è tanto il discorso pruriginoso ad essere fuori luogo, quanto la tempistica, del tutto improbabile, non c'è sviluppo emotivo, è troppo a freddo, ab rupto). La messa in scena è poveristica (l'esterno della villa è palesemente un modellino), anche se Colucci maneggia gli "effetti speciali" al meglio, considerata la scarsezza di mezzi. Il film si chiude alludendo ad una possibile duplice interpretazione dei fatti accaduti quella notte in villa, anche se è palese che ci si voglia convincere che è stato tutto soprannaturale, la risata satanica della Nusciak in chiusura non lascia troppi dubbi (....la signora infatti è un po' morta).

Quelli informati dicono che una particolarità del film è di inserirsi tra i gotici italiani che anticipano un po' la "new wave" del genere dei primi anni '70, ovvero la contaminazione dei classici stilemi del gotico con l'erotismo ed il thrilling alla Argento. Tutto vero, Qualcosa Striscia Nel Buio lo fa, contribuendo a ravvivare un filone un po' stanco, ed ha anche qualche colpo ad effetto (quando improvvisamente tutti gli orologi smettono di ticchettare, o le risate sguaiate alla Norman Bates di Rossi Stuart nella soffitta), pur risultando un film in larga parte poco riuscito, a mio parere. Il sogno della Bosè è uno di quei momenti innovatori, una sequenza onirica ed un po' allucinata, tutta al ralenty, con dentro violenza e sensualità in quantità paritetiche. La cosa che mi è piaciuta di più comunque è l'inizio del film, quando sull'azione già in essere (le auto che sfrecciano nel buio, sotto la pioggia), arrivano i titoli di testa del film; alla comparsa di ogni scritta, annunciata da una musica sinistra e carica di presagi, scatta il fermo immagine. L'insieme degli elementi crea un certo turbamento in chi guarda, peccato poi che una premessa così gravida di buoni spunti non si traduca in un film altrettanto avvincente.

Trailer ufficiale

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