L’Agenzia Dei Bugiardi

L’Agenzia Dei Bugiardi
L’Agenzia Dei Bugiardi

Il materiale per la rubrica Benbow Vs La Commedia Italiana 2.0 è praticamente inesauribile, ogni anno il nostro cinema ne produce in gran quantità. Di De Blasi mi ero già occupato a proposito di Un Natale Stupefacente, film che certo non mi aveva entusiasmato ma che in confronto a questo pare Partitura Incompiuta Per Pianola Meccanica di Michalkov. Ho lungamente riflettuto anche se fare una recensione di L'Agenzia Dei Bugiardi poiché, oltre ad essere brutto, mi è risultato talmente irritante da ritenere di non poterne trattare con profitto. Ma il mondo deve sapere. La prima domanda è perché talenti come Giampaolo Morelli, Carla Signoris, Diana Del Bufalo si buttino via così. La risposta è che probabilmente la pagnotta va pur messa nel piatto, suppergiù la stessa risposta che si è dato Massimo Ghini un attimo prima di gettare alle ortiche la sua carriera, da qualche parte nei primi anni 2000. Come è noto, tali attestazioni di disgusto non derivano da snoberia spocchiosa, perché su Cineraglio potrete facilmente trovare perle del cinema di genere italiano (e non) degli scorsi decenni ritenute inguardabili, se non offensive, per l'intelligenza dei critici di chiara fama che cominciano con la M (Morandini, Mereghetti, etc.). Il punto non è la supponenza, semmai è proprio che praticamente, pragmaticamente, prosaicamente un film come L'Agenzia Dei Bugiardi è un fallimento completo in ogni suo fotogramma, nonostante un cast di primo piano ed un budget non certo da film indipendente.

L'idea di partenza consentirebbe di creare una sceneggiatura dignitosa. L'incipit del film, il primo caso di alibi creato ad hoc dall'agenzia di Morelli, è scoppiettante e lascia immaginare un film ritmato e pieno di trovate. Ecco, l'impressione nasce e muore lì. Da quel momento in poi abbiamo Massimo Ghini marito fedifrago, incapace di uscire dallo stereotipo della macchietta cinepanettonesca; Diana Del Bufalo completamente ingabbiata in un personaggio demenziale, tutto sopra le righe, sempre, ininterrottamente, una deficiente per la quale saranno occorse due righe in sceneggiatura per inquadrarla (siamo ai livelli della Minkia Sabbry della Littizzetto ai tempi d Mai Dire Goal); Luigi Luciano e Paolo Ruffini presunta coppia "comica", al minimo sindacale e con twist gay sul finale che non ha né capo né coda, piovuto dal cielo come tutto ciò che accade nel film, succede perché a qualcuno è venuto in mente in sceneggiatura; a guarnizione dei cameo improbabili di Pierò Pelù, Raiz, Antonello Fassari e Nicolas Vaporidis. C'è la Signoris, che quando dice la sua battuta illumina per un attimo lo schermo, ma è davvero troppo poco, anche perché immersa in un contesto da Drive In leggermente meno volgare (leggermente eh). C'è Morelli, che ho adorato come Coliandro ma fuori da quella serie tv non azzecca un ruolo che sia uno. C'è la Mastronardi, che francamente non fa la differenza, ma l'avrebbero fatta davvero in poche vista e considerata la sceneggiatura. Il film procede per trovate appiccicate tra loro senza inventiva e coerenza logica, come quando Luciano finisce casualmente ad una festa in costume di supereroi, Ruffini si spinge con il materassino in mare aperto, Morelli è prigioniero in un campo nomadi con la Del Bufalo. Perché succede tutto ciò? De Blasi e il suo co-sceneggiatore Paolo Bonifacci si sono chiesti: "E ora che si fa? Boh, una cosa alla ca**o qualsiasi ", tanto per cambiare aria, tipo quando apri le finestre in casa. Non c'è il minimo rispetto per lo spettatore, che viene sballottato di qua e di là senza un perché. Cose che accadono pe' fa' ride' - questa l'unica giustificazione plausibile a pagine di sceneggiatura senza bussola né stile. Battute di bassissima lega, situazioni comiche un tanto al kg, sempre grossolane, mai rifinite, mai centrate, e soprattutto (e purtroppo) paracule e fiacche. Il registro sbracato non viene disdegnato, quando Morelli prende il cane e lo getta con la palla da bowling (facendo strike), De Blasi forse pensa di raggiungere livelli irriverenti e non-sense alla Tutti Pazzi Per Mary (film che ho sempre cordialmente detestato), ma sono tutte piccole parentesi stupide all'interno di una pellicola modestissima e sciocca.

L'Agenzia Dei Bugiardi in realtà è un remale del film francese Alibi.com, che per mia fortuna non ho visto. Ora, io non so dire se l'originale sia stato pedissequamente ricalcato da De Blasi, così fosse avrebbe sbagliato a riprenderne ogni bassezza. Se invece ci ha messo del suo.... beh, l'originale sarà stato senz'altro migliore. Siamo davanti ad un'opera che è solo appena più nobile di un titolo di Neri Parenti (sia detto senza offesa per Neri Parenti, che a questo punto diventa largamente preferibile poiché almeno gioca a carte scoperte), giusto per non mettere a disagio lo spettatore che normalmente non va a vedere il cinepanettone ritenendolo troppo "basso". Qui non c'è il minimo coraggio (né talento necessario) per elevarsi. Laddove l'intenzione fosse stata fare una commedia piena di gag slapstick e/o demenziali, anche quella bisogna saperla fare, non ci si improvvisa, non va bene qualsiasi vaccata buttata lì per caso per fare numero. I personaggi sono poveri, le situazioni sono la solita pochade degli equivoci adulterini, non c'è un solo momento nel quale ti soffermi ad ammirare qualcosa, una battuta recitata a dovere, una location suggestiva, una bella inquadratura, una riflessione degna di nota. L'Agenzia Dei Bugiardi non regge né come commedia romantica, né come farsa demenziale perché purtroppo confonde la demenzialità con la demenza.

Trailer ufficiale

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