La Teta Y La Luna

La Teta Y La Luna
La Teta Y La Luna

Abbiamo il petomane, abbiamo il feticismo, abbiamo il bambino erotomane, le parolacce, scene di sesso, tette e letti ad acqua, e tuttavia la critica è stata di questo tenore: "analizza con divertimento e sentimento le origini e gli estremismi d'una delle classiche fissazioni della sessualità maschile [...] l'adorazione per il petto delle donne. sia ipertrofico, sia normale, simbolo di maternità, di nutrimento, di diversità e di piacere edipico" (La Stampa). Se però invece che il trendy Bigas Luna il film fosse stato diretto da un Michele Massimo Tarantini, da un Nando Cicero o da un Luciano Salce, pur con gli stessi elementi caratterizzanti, avremmo letto filippiche apocalittiche sul degrado del cinema italiano, dei costumi della società che ha la velleità di rappresentare e sulla necessità di una profonda rivoluzione culturale che rimetta al primo posto della nostra scala evolutiva la letteratura, la Montessori e il Manzoni. A Bigas Luna non hanno mai perdonato il film con la Marini, ma per il resto è sempre stato un Almodovar "minore" degno di tutte le attenzioni, anche dei critici più paludati. Una volta tanto mi è sembrato particolarmente illuminato il Mereghetti, che parla di "fellinata" e di regressione allo stato "infantile" per quanto riguarda questa pellicola (e no, non sono complimenti).

Tete è un bimbetto catalano con parecchie frustrazioni, è geloso del nuovo fratellino al quale la madre dedica tutte le premure (tette per l'allattamento comprese), è in tensione con il padre che lo rimbrotta sempre di non avere abbastanza attributi, parla con la luna rivolgendole le sue riflessioni e, come se non bastasse, si innamora di una ballerina francese di 20 anni più grande. La donna ha un compagno (un petomane motociclista che si esibisce con lei in numero da circo trash) e pure un amante, il fratello di Tete. - SPOILER: Dopo parecchi tira e molla, la ballerina lascerà la Catalogna portando con sé il fratello di Tete, anche se lo stesso Tete avrà finalmente soddisfatto il suo desideriodi venire allattato al seno della ballerina, il che parallelamente gli darà le motivazioni necessarie a soddisfare le aspettative del padre.

Bigas Luna con buon gusto estetico (ed una smisurata passione per il kitsch) mette in piedi una ruffianissima paraculata a base di tette e pulsioni edipiche. Non un film propriamente erotico ma una storia che sa dove andarsi a cercare i suoi momenti pruriginosi e maliziosi. Quello che fa un po' rabbia è che, al di là di mezzi produttivi migliori rispetto al tipico film di genere italiano degli anni '70, e di una cifra estetica (regia e fotografia) di qualità - della quale va senz'altro dato atto al regista iberico - La Teta Y La Luna è al contempo un film pretenzioso e puerile. Le riflessioni messe in bocca al piccolo Tete vanno da un estremo all'altro, dalle tette alla luna appunto, alla quale il bimbo rivolge accorati appelli degni di un grande poeta romantico dell'Ottocento. Tete si sente capito solo dalla Luna, manco fosse Byron o Shelley, e però poi nella scena successiva assistiamo ai prodigiosi peti circensi del francese che spediscono frecce al centro di bersagli, o alla sua compagna che, presa da raptus feticista, ciuccia dita dei piedi come fossero ben altro, e lecca lacrime umane raggiungendo così il climax dell'eccitazione sessuale. Fanno da contraltare le intensissime cantate gitane del fratello di Tete o le sequenze degne di un documentario del National Geographic sugli enxaneti che compongono piramidi umane durante le feste paesane. Si va per polarità insomma, dal cinema d'autore al trash, con nel mezzo un bel po' di sequenze costruite attorno alla bellezza folgorante di Mathilda May.

Mica scemo Bigas Luna, dovendo fare un film fondamentalmente su una tetta, è andato a cercarsi una delle migliori del cinema mondiale. Chiunque abbia visto Space Vampires di Tobe Hooper sa che la scena più "rappresentativa" del film (suo malgrado) è quella della May nuda, nella quale esibisce un seno clamoroso che ha avuto pochi eguali dai fratelli Lumiere ad oggi. Non tanto perché il seno dell'attrice parigina sia una roba gargantuesca alla Serena Grandi, per dire, ma perché è semplicemente perfetto, "da manuale" in ogni suo aspetto, dimensioni, consistenza, proporzioni, bellezza. Il Seno, con l'articolo determinativo davanti e la S maiuscola. C'è  poco da fare, comunque si consideri la pellicola di Bigas Luna, non si può rimanere indifferenti davanti alle qualità anatomiche della May, qui sottolineate e incorniciate con la massima dedizione. A volerla dire tutta, il film è tutto lì, in buona sostanza perlomeno, il resto è un teatrino di bizzarrie, estrosità, parossismi e qualche volgarità che fanno da condimento all'incontro tra la tetta della May ed il pubblico. Difficile cascare nel tranello di essere al cospetto di un vero film "d'autore", molto più forte la sensazione di essere condotti per mano in un gioco fanciullesco, un girotondo birichino a tratti sguaiato. Non c'è una scena nella quale la May non indossi scollature amplissime, quel suo talento è sempre costantemente indicato, esaltato, è il traguardo di ogni ciak, l'alfa e l'omega del film, il big bang di tutto, nonché la spia delle reali intenzioni del regista. C'è molta più tetta che luna, parafrasando il titolo del film, e c'è anche un certo azzardo, perché probabilmente un film così in Italia non lo avremmo mai visto (come Produzione intendo), anche tenendo conto di scene un po' "al limite", si veda il bimbo (quindi un minorenne) ciucciar tette a profusione o ingollare latte con tutta una serie di rimandi e simbolismi che è bene lasciare dove sono per non scoperchiare l'inferno.

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