Italiani! È Severamente Proibito Servirsi Della Toilette Durante Le Fermate

Italiani! È Severamente Proibito Servirsi Della Toilette Durante Le Fermate
Italiani! È Severamente Proibito Servirsi Della Toilette Durante Le Fermate

Talvolta viene erroneamente considerato il film d'esordio di Vittorio Sindoni, che invece un anno prima aveva diretto Omicidio Per Vocazione (conosciuto anche come L'Assassino Ha Le Mani Pulite). Questo lunghissimo (titolo) Italiani! È Severamente Proibito Servirsi Della Toilette Durante Le Fermate è però una pellicola completamente diversa, un'opera politica e contestataria, sulla scia dei Bellocchio, dei Samperi e dei Brass inquieti d'inizio carriera. Un pamphlet rigorosamente in bianco e nero con ambizioni di denuncia civile, anche se il vero intento di Sindoni non appare chiarissimo, visto che Italiani! mette assieme una poltiglia (a tratti caotica ed anarchica) di commedia, dramma, battaglia militante e spezie grottesche che finiscono col rendere quasi indigeribile il lavoro. Come documento dell'epoca il film ha spunti di interesse, Sindoni sembra fare il verso proprio a quel genere, il documentario, anche se un racconto c'è che si snoda attraverso i fatti del Paese e la condizione sociale dei suoi abitanti. Benito (Franco Acampora) - un nome un programma - è un sovversivo irriducibile che lotta ogni giorno per affermare i valori della Rivoluzione con la R maiuscola, ha i libri e i poster di Mao Tze-tung in casa, e i muri tappezzati di motti che gli ricordano che la guerra al fasciocapitalismo borghese è quotidiana, incessante, estenuante. Deve subire la stessa vita la sua fidanzata Patrizia (Silvia Dionisio), che per la verità vorrebbe più prosaicamente avere il corpo del suo compagno, ma lui si nega in nome della Rivoluzione; solo quando il mondo sarà liberato e migliore i due potranno condividere anche le gioie del sesso. Patrizia per un po' accetta, poi prova a corrompere Benito; lui però, tetragono, onora solo Stalin. Quando, a seguito dell'incontro con un losco sacerdote impresario (Sandro Dori), Benito diventa un cantante di successo accettando molti compromessi, Patrizia deciderà di prendersi una crudelissima vendetta.

Il bizzarro titolo deriva da un aneddoto raccontato proprio da Benito, riguardante dei militari su di un treno fermo ad una stazione. Non possono usare il bagno, ma col passare del tempo diventa assolutamente necessario. Uno dopo l'altro cedono, trasgredendo alla regola scritta. Tutti tranne uno, il quale pur di tenerla, alla fine se la fa addosso. Sarà l'unico ad essere elogiato dai superiori, mentre i compagni verranno puniti. Il punto è che i poveracci non hanno scampo, scontano la pena anche quando devono andare al bagno. Almeno così la vede Benito. E attraverso il suo sguardo sembriamo guidati da Sindoni nell'Italia del '68, fatta di contestazione durissima ed incessante, a tratti ottusa. La Rivoluzione è più moralista e perbenista della borghesia che dice di voler abbattere, tant'è che Benito viene facilmente soggiogato dal monsignore, uno dei momenti più ambigui di tutto il film. La conferenza stampa di presentazione del nuovo cantante ingaggiato dal clero è un capolavoro di fine strategia di adescamento politico. L'abdicazione a tutti i dogmi professati da Benito umilia profondamente Patrizia la quale, divenuta più realista del re, attua un piano diabolico e spietato per punirlo. Per tutto il tempo Patrizia aveva dovuto accettare di non poter vivere una vita "normale" col suo fidanzato, venendo addirittura privata dei suoi bisogni fisiologici più naturali. Ad un certo punto anche lei pensa di cedere, seguendo l'esempio di una collega di lavoro. Mentre Patrizia fa la pedicure ad una cliente, la massaggiatrice (Ludovica Modugno) riceve un invito a pranzo dalla facoltosa nobile alla quale accarezza  con veemenza i muscoli delle cosce. La Modugno mangia la foglia e si confida con Patrizia dicendo che se all'indomani verrà messa a nudo in quella casa, poi vorrà uscirne perlomeno con un visone addosso. Patrizia pensa di fare lo stesso, vendere la sua verginità per una Mini Minor, ma al dunque si tira indietro pentita e ossessionata dai precetti moralistici di Benito. Figurarsi quando poi questi si vende per pochi spiccioli alla Chiesa.

- SPOILER: In una scena che indubbiamente rimane impressa per complessità e costruzione, Patrizia architetta una trappola che finirà con l'evirare Benito, poi scapperà via ed in un finale ancora più sbalorditivo (totalmente privato degli elementi di commedia, e financo di musicarello nel quale eravamo finiti fino ad un attimo prima), corre nella notte in auto fino ad incrociare la protesta degli operai della Apollon, una fabbrica occupata. Un celebre caso di cronaca italiana dell'epoca sul quale anche Ugo Gregoretti, sempre nel '69, girò un documentario. Gli operai della Apollon ricevettero tutti la lettera di licenziamento mentre la proprietà era intenta pure a vendere i terreni sui quali sorgeva la tipografia. Italiani! si chiude così, abrupto, sul volto contrito degli operai. Sindoni decide di provocare anche attraverso un filo di erotismo, vuoi perché ci lascia intravedere i seni fuggenti della Dionisio (adorabile con i suoi occhi da cerbiatta e l'aria da fatina), vuoi perché gira una scena nella quale Benito e Patrizia sono in auto a civettare e ad un certo punto Benito porta la mano di Patrizia fino all'inguine (considerando che tra i due vige il patto di non avere un rapporto completo). Tutto sommato una parentesi abbastanza forte, dato il contesto politico e l'anno di uscita del film. Il che, in qualche misura, fa eco ai registi citati all'inizio.