Il Cittadino Si Ribella

Il Cittadino Si Ribella
Il Cittadino Si Ribella

Nel 1974 questo era un film molto pericoloso, calato nel bel mezzo degli anni di piombo, nei quali "si verificò un'estremizzazione della dialettica politica che si tradusse in violenze di piazza, nell'attuazione della lotta armata e di atti di terrorismo". Il bello (ma anche il brutto) è che ritirato fuori oggi quel titolo è altrettanto pericoloso, perché la situazione politica e sociale contestuale (in Italia) sembra essere propedeutica a quella che poi sfociò nel piombo di cui sopra. Anche per questo le critiche al film andarono ben oltre il film. Certo era cinema di genere, quindi detestato per definizione da alcuni ambienti cinefili snob; a questo si univa il sentore di estrema intimidazione, lo spettro della nitroglicerina che una sceneggiatura del genere poteva innescare agli occhi degli spettatori più ricettivi. Il Giustiziere Della Notte di Michael Winner è dello stesso anno ed affronta lo stesso snodo problematico, ma il film di Castellari riesce ad arrivare in sala prima, beffando la concorrenza e attestandosi come la prima pellicola ad evocare determinati scenari e soprattutto a suggerire determinate "soluzioni".

Il Cittadino Si Ribella è una botta di violenza sanguinaria sin dai primi fotogrammi; istantaneamente veniamo trascinati per i capelli nel pieno della zuffa; criminali efferati e spietati mettono a ferro e fuoco la città (Genova nello specifico), depredando, sbatacchiando, sparando, picchiando e se necessario uccidendo, con la stessa difficoltà e remora morale con cui si trangugia un bicchier d'acqua. In questo scenario, l'ingegner Carlo Antonelli (Franco Nero) si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato, ad uno sportello della Posta a depositare banconote. Irrompono i rapinatori, terrorizzano e feriscono chiunque si pari sulla loro strada, compreso Antonelli che per riflesso condizionato cerca di recuperare i soldi e risponde con un calcione alle botte ricevute. Risultato: viene preso in ostaggio, picchiato ancora e ancora, e poi abbandonato. Quando l'ingegnere viene interrogato dalla Polizia più che una vittima o un testimone sembra il colpevole. Umiliato e incazzato, Antonelli prova a reperire informazioni per conto suo sui criminali; vuole mantenere il rispetto per se stesso e non accetta che tutto finisca nel dimenticatoio. Non fa che peggiorare la sua situazione, addentrarsi nel mondo della Malavita lo esporrà ad ulteriori violenze e pericoli, in compenso la Polizia dimostrerà tutta la sua pochezza, fatta di incompetenza, accidia ma anche collusione torbida con il nemico. Quella di Antonelli sarà una vera e propria escalation verso la vendetta che, ovviamente, verrà pagata a caro prezzo.

Molti gli elementi vincenti del film, la regia indemoniata di Castellari, un montaggio frenetico, le musiche (dei Fratelli Angelis) che elevano a potenza emozioni e sentimenti, e non lesinano anche un certo autocitazionismo, un Franco Nero che si mangia letteralmente lo schermo, una ideologia di fondo (condivisa o strumentalizzata che sia) esplosiva. Debole la presenza di Barbara Bach, praticamente unico personaggio femminile del film di rilievo, il cui unico apporto degno di nota è la battuta che rivolge a Franco Nero quando gli dice che intende comportarsi come uno sceriffo con la stella di latta appuntata sul petto. E' una chiave narrativa del film, che infatti è un poliziottesco che pare un western, soprattutto nei momenti di violenza ed azione. L'Ingegner Antonelli potrebbe essere Django, vuoi perché la faccia sofferta è sempre quella di Franco Nero, vuoi perché subisce le stesse angherie, vuoi perché, come un irriducibile, tiene botta e si ribella. Le differenze rispetto a Charles Bronson invece sono marchiane; Carlo Antonelli non diventa mai un giustiziere compiuto, mantiene tratti di umanità ed inadeguatezza (che poi sono sinonimi), oltre al fatto che è interessato unicamente a perseguire la sua vendetta personale, uccidere i "suoi" criminali e non eliminarne quanti più possibile, indistintamente. Questo ha spinto qualcuno ha dire che il film di Castellari è persino preferibile a quello di Winner. Magari è una questione di gusti, ma penso si possa dire che il precedente americano mantenga un'eleganza ed un respiro completamente diversi, e Bronson, con tutte le sfumature del caso, dà vita comunque ad un gran bel personaggio. Detto ciò, nulla toglie alla grandezza ipercinetica de Il Cittadino Si Ribella, semplicemente un film "diverso", né migliore né peggiore. E' un po' la stessa ricetta ma preparata da brigate differenti in cucina.

Al netto della "politica" presente nel film, da un punto di vista squisitamente tecnico e realizzativo siamo davvero ai vertici del genere e del cinema italiano del periodo. Castellari maneggia la MdP come un mitragliere dell'Esercito, ha sempre l'intuizione giusta sul come rendere al meglio (leggi più drammatica, esagerata ed esasperata) ogni scena. Franco Nero in questo lo sostiene divinamente, sfoderando un repertorio di maschere da "ultimo uomo" che rimangono impresse. Peccato anche per il buon Renzo Palmer (commissario della Polizia), pure lui molto calmierato per dovere di sceneggiatura. Assai ben delineata anche la figura di Tommy, il ladruncolo di piccolo cabotaggio affidato a Giancarlo Prete, che in qualche misura spalleggia Franco Nero (ed a tratti gli ruba persino la scena), davvero una bella interpretazione la sua. Quell'Italiani Ribellatevi che si travasa dai partigiani ai cittadini borghesi delle città italiane degli anni '70 è portentoso, nel bene e nel male e incarna lapidariamente il cuore pulsante del film.

Trailer ufficiale

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