Eyes Wide Shut

Eyes Wide Shut
Eyes Wide Shut

Ogni film di Kubrick ha aperto le porte ad ore ed ore di filmati video e interminabili testi scritti che si propongono di spiegare l'inspiegabile, ovvero di svelare tutti i presunti significati reconditi, i simbolismi, le allegorie, gli ammiccamenti, i segreti; chiavi interpretative che per qualche motivo Kubrick possedeva, tutte. Dal Big Bang ad oggi Stanley Kubrick avrebbe saputo e potuto spiegare ogni attimo di vita del nostro universo e secondo alcuni, a suo modo - mimetico ed enigmatico - lo avrebbe fatto, inserendo elementi arcani nei propri film, che solo l'occhio di uno spettatore illuminato, smaliziato e sapiente avrebbe potuto carpire. Figuriamoci quanto questo approccio dietrologico sia letteralmente esploso tra le mani dei "complottari" all'indomani di Eyes Wide Shut, il quale non solo certi temi li tocca sul serio ed in modo anche abbastanza esplicito, ma che oltretutto venne persino "valorizzato" dalla improvvisa morte del regista appena una manciata di giorni dopo averlo concluso (ma non montato, se ne occupò Steven Spielberg). Apriti cielo, si è arrivati persino a dire che emissari di sette segrete cripto-massonico-sataniche (come quella del film... come quella del film?) avrebbero punito ed ucciso il regista per aver commesso il peccato di svelare ai comuni mortali ciò che non doveva essere banalmente reso alla portata di tutti.

Indubbio che un film complesso, irrisolto e figurato come Eyes Wide Shut potesse amplificare a dismisura certe velleità morbose che certo pubblico prova nei confronti del regista più "difficile" e metafisico della storia del cinema. Che poi il paradosso è che Kubrick è sempre stato filosofico ed estremamente razionale al contempo. Il suo sguardo, ancorché indagatore ed analitico, è spesso cinico, freddo, distaccato, veicolato dalla ragione anziché dall'elucubrazione fine a se stessa. Se molte interpretazioni del film lette online lasciano oggettivamente il tempo che trovano, scadendo financo nel ridicolo, è altrettanto vero che alcune "coincidenze" lasciano interdetti o perlomeno incuriositi, a prescindere dalla reale volontà e/o consapevolezza di Kubrick. Come il fatto che l'avvocato interpretato da Tom Cruise si chiami Bill, il nomignolo americano dei dollari, ed infatti Cruise - oltre ad ostentare continuamente il suo tesserino di medico quasi a darsi tono e personalità, e ad affermare la propria identità sociale, altrimenti debole se considerata su di un piano esclusivamente umano - per tutto il film compra continuamente servigi e persone attraverso il suo denaro, vero mezzo di interlocuzione con il prossimo, autentica scala di valori per determinare le posizioni di casta. Oltre al fatto che il "bill" in inglese è anche il "conto", quello (concreto) che il medico William "Bill" Harford presenta agli altri ma anche quello (metaforico) che viene presentato a lui a compendio delle vicende vissute durante il film.

Si potrebbe continuare per ore giocherellando con i simboli, il pianista Nightingale (Todd Field) che, proprio  come un uccellino, un usignolo, canta a Tom Cruise le meraviglie di un segreto che non doveva essere rivelato; oppure si pensi all'arcobaleno alla fine del quale due procaci modelle vogliono condurre Bill, e che cosa è "la fine dell'arcobaleno", cosa vi si trova? Beh, intanto un negozio di costumi, il Rainbow, sotto il quale Bill deve passare per procacciarsi il mezzo, la chiave (il costume) per accedere all'altro mondo. E cosa è l'altro mondo? Esattamente quello dove finisce l'arcobaleno, ovvero dove finisce la realtà superficiale e rappresentata, così come la vivono gli uomini comuni, i "normali", quelli con gli "occhi spalancati chiusi". L'arcobaleno è scandito dai suoi colori, inscenati da Kubrick attraverso le luci natalizie, il cui cromatismo riflette sempre quello dell'arcobaleno. E l'unico momento nel film in cui quei colori cessano è la villa dove avviene la festa in maschera, dove il cuore della realtà vera e pulsante batte pericolosamente, dove Bill si brucia, per aver osato accedervi senza permesso. Il Fidelio di Beethoven narra la storia di una donna che si sacrifica per salvare il suo uomo prigioniero di guerra (vi ricorda nulla?); oppure ancora, le disposizioni dei misteriosi incappucciati alla festa riflettono geometricamente alcune rappresentazioni di rituali magici, cerchi nei quali gli officianti compiono i propri riti esoterici. Apparentemente nulla sembra lasciato al caso da Kubrick.

La scelta della coppia di protagonisti fu estremamente cinica ed entomologica da parte di Kubrick, poiché l'ambivalenza di quella presenza scenica è enorme. Se per un verso risulta abbastanza vistosa l'inadeguatezza (soprattutto di Cruise) nei confronti del compito affidato, dall'altro è piuttosto stupefacente come la visione del mefistofelico regista fosse lungimirante, servirsi di una vera coppia nella vita reale per mettere in scena la crisi di una coppia di finzione (tanto più che Eyes Wide Shut ha contribuito a distruggere anche nella realtà quell'unione... a conti fatti un successo su tutta la linea per Kubrick, una dimostrazione di correttezza scientifica della sua tesi, a voler essere perversi). L'affiatamento doveva essere genuino non artefatto, ma questo contava fino ad un certo punto poiché: 1) per Kubrick la finzione cinematografica, il dettaglio interessante, sorprendente, è sempre più interessante della prosaica "realtà"; 2) un grande affiatamento tra Cruise e la Kidman evidentemente non c'era, o perlomeno era al capolinea, e magari Kubrick fuori e dentro il set l'aveva pure subodorato. A lui serviva quell'elemento, la disgregazione; altro che alchimia amorosa.

La scena nella quale la Kidman rivela al marito il suo sogno erotico con l'ufficiale militare è nevralgica per il film e tuttavia non ne ho mai gradito la recitazione. Cruise è quasi insostenibile in quei passaggi estremamente "Cruise" pieni di gesticolazione e movimenti netti e stereotipati, ma anche la Kidman risulta a mio parere assai sforzata (la sua risata isterica che la fa ripetutamente ripiegare su se stessa è finta). Si crea un corto circuito, come spettatore cogli la modestia dello spessore recitativo (mi riferisco a questa singola scena) ma d'altra parte proprio quella irrealtà si trasfigura nel gioco di inganni e compenetrazione tra finzione e realtà che Kubrick andava probabilmente cercando. Dunque qualcosa di sbagliato che però diventa giusto, o perlomeno sorprendentemente adeguato; serendipità, eterogenesi dei fini, sottile strategia, chi può dirlo.

C'è chi ha fortemente criticato il film ritenendolo non all'altezza della filmografia di Kubrick (spesso adducendo l'attenuante che non lo avrebbe di fatto potuto terminare, mancando il montaggio o la possibilità di girare ulteriori scene se necessario), chi invece lo esalta come un magnifico testamento spirituale. A me personalmente è piaciuto moltissimo. In ogni caso rimane inattaccabile la (consueta) perfezione formale con cui Kubrick riempie i fotogrammi. Per non parlare della potenza maestosa delle scene relative alla festa orgiastica, qualcosa di angosciante, apocalittico, insondabile e fantastico al contempo. Il fatto che si provi un senso di repulsione ed attrazione al contempo dà le vertigini, è la teoria dell'horror and sublime di William Burke, l'orrido che affascina. Guardando un film di Kubrick, e Eyes Wide Shut in particolare, si ha sempre la sensazione di entrare in un meccanismo più grande di noi, di star assistendo a qualcosa che ci sovrasta, che incombe e ci minaccia, e che tuttavia vogliamo rimanere ad esplorare il più possibile. Persino il commento sonoro della festa panico-pagana è geniale, un rito ortodosso musicato e fatto scorre al contrario. Il gioco dei contrari è inalienabile poiché incarna il senso ultimo del film, l'ambiguità, la compenetrazione, il rovesciamento dei fronti. Il doppio sogno di Schnitzler, un rompicapo inestricabile nel quale cercare di separare nettamente i piani è una battaglia semplicemente persa in partenza.

Trailer ufficiale

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