Alla Ricerca Dell’Impero Sepolto

Alla Ricerca Dell’Impero Sepolto
Alla Ricerca Dell’Impero Sepolto

Quando nel 1987 Gianfranco Parolini (aka Frank Kramer) gira Alla Ricerca Dell'Impero Sepolto, Harrison Ford di Indiana Jones ne ha già interpretati due e sono arrivate in sala pure le pellicole più prossime a quelle dell'esploratore con la frusta e la fedora (il cappello eh, non il dolce), ovvero All'Inseguimento Della Pietra Verde e Il Gioiello Del Nilo, con Michael Douglas e Kathleen Turner. Che il modello di riferimento sia quello lo si capisce anche solo leggendo il titolo del film e osservando la locandina, ma se proprio siete duri di comprendonio e ingenui per natura è lo stesso protagonista, Bruno Minniti, a recitare la seguente battuta sul finale, mentre si lancia con una liana: "per chi mi hai preso? Non sono mica Indiana Jones!".

L'Impero Sepolto rientra nell'ambita cerchia dei cosiddetti film orribili, si laurea nella categoria del trash a pieni voti, un avventuroso maccheronico e pecoreccio che cerca di stare al passo del filone delle giungle esotiche e della fanta-archeologia romanzata, senza prescindere da romanticherie e comicità affidate alla coppia di protagonisti. Questo non impedisce di divertirsi guardandolo, basta però essere consapevoli che tutto o quasi è assai arrangiato e rabberciato alla bene e meglio, con tanto spirito artigianale. La storia vede una acerba studiosa ed uno scafatissimo professore guerrigliero vivere giocoforza una rocambolesca avventura insieme, alla ricerca di un preziosissimo idolo tribale che detiene i segreti per accedere all'impero sepolto degli Inca, per altro legato a doppio filo a non meglio precisate astruserie cosmiche e aliene (tipo gli "ingegneri" di Prometheus di Ridley Scott, molto molto prima ma anche molto molto peggio).

Bruno Minniti è un maschio alfa poco credibile come professore laureato e specializzato in 56 discipline differenti... Kelly London, la sua compagna di capitomboli, è lievemente più centrata come personaggio, anche se ha la funzione di sparring partner e di vassoio sul quale porgere tutti gli spunti di sceneggiatura per far progredire l'intreccio. Il senso di "poveraccitudine" permea tutto il film; nonostante location anche realistiche (da qualche parte in Asia, la coproduzione è con le Filippine), la sensazione generale è che il tutto sia stato girato "bona la prima". I dialoghi sono quasi insostenibili, gli sgherri cattivi del professore cattivo - avverso a Bruno Minniti (che altri non è se non Parolini stesso) - sono da cartone animato. Sul finale si esagera con gli effetti speciali, in un tripudio di esplosioni e cataclismi cartonati apocalittici. Inspiegabile l'organo che continuamente suona il sacerdote del tempio di Inti, pare Keith Emerson relegato in uno scantinato impolverato. E che dire del mascherone aureo ornitologico, a raggi laser, che fa tanto Fantasma Dell'Opera? Un autentico bijoux.

Spesso ci si chiede perché tizio faccia quella cosa, mentre nel frattempo qualcuno assume espressioni senza una ragione, come l'indio barbuto e sovrappeso che continuamente spia gli avventurieri, sempre ritratto con gli occhi strabuzzati, manco avesse visto la Madonna, anzi Inti. Gran profluvio di coccodrilli, martirizzati a più non posso da Minniti (oggi la comunità animalista avrebbe sfilato in piazza per tanta acredine verso il mondo anfibio). Per Parolini è l'ultimo film in carriera e credo forse sia stato giusto così. Anche il misero Allan Quatermain con Richard Chamberlain pare Truffaut al cospetto dell'Impero Sepolto. Finale raffazzonato e poco comprensibile. Divertente perché vale la regola del tanto peggio/tanto meglio, ma anche volendo volare basso, gli ho preferito decisamente I Sopravvissuti Della Città Morta di Margheriti (di qualche anno precedente, 1984).

Trailer ufficiale

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