40 Carati

40 Carati
40 Carati

40 Carati è un action/thriller che aveva un'ottima idea di partenza, un tizio su un cornicione a millemila piani d'altezza nel centro di New York, per 3 quarti di film sta lì sopra e la storia gli viene costruita attorno. Ho usato il tempo imperfetto perché l'idea c'era ma non si traduce in un bel film. Non vanno una marea di cose; il protagonista Sam Worthington non acchiappa, non ha carisma, non ha la faccia giusta, le movenze giuste, non è Denzel Washington insomma, è un belloccio ma finisce lì. Gli eventi si concatenano in modo sbrigativo e superficiale. Worthington è un ex poliziotto incastrato e messo in gattabuia (ci pernotta 2 anni); deciso a dimostrare la propria innocenza evade e mette in atto un piano complesso e spettacolare per arrivare al suo obbiettivo. In una scena del carcere ci fanno vedere che il semplice avvicinarsi di pochi centimetri durante un colloquio detenuto/visitatore è immediatamente sanzionato, non si spiega dunque come, nei due anni di detenzione, il protagonista sia riuscito ad ordire un piano così macchinoso ed articolato, che coinvolge terzi (e quarti e quinti...), sino al più maniacale livello di dettaglio. Non si capisce perché la detective Elizabeth Banks aderisca con tanta facilità agli alibi ed alle giustificazioni di un perfetto sconosciuto pazzoide che minaccia di buttarsi giù da un palazzo, che nasconde evidentemente dei segreti, che è in possesso di carte per costruire una bomba, e che ha la fedina penale sporca; francamente la città di New York è in serio pericolo se il livello di diffidenza dei poliziotti verso i malviventi è così basso. Non si capisce neppure perché la fidanzata del fratello di Worthington (una discretissima Génesis Rodriguez), svolga le sue operazioni da Missione Impossible sfoggiando un décolléte da cardiopalma, deve essere il massimo della comodità intrufolarsi per dei condotti d'aria, calarsi giù lungo il vano dell'ascensore, far esplodere bombe sui tetti e deprogrammare sistemi di sicurezza con le tette strizzate e sempre in gola. E come è mai possibile che Worthington (sempre da dentro il carcere) organizzi la messa in scena del funerale del padre, che non è per niente morto, e che addirittura riesce a spacciarsi per portire dell'albergo dove avviene tutta l'azione? Perché il "villain" della situazione, un Ed Harris invecchiato e spigoloso, è così ridicolo, bidimensionale, talmente stronzo perchesssì che anche quando la mattina si alza e si lava i denti, guarda in cagnesco lo specchio?

Durante la visione del film sei così stordito dalla facilità con cui avvengono le cose che ti pare che il film non abbia ritmo; è tutto ovvio, deve succedere, e quindi alla fine succede, è una specie di discesa obbligata verso la risoluzione finale, ovviamente vincente. Per non parlare del mega tuffo di Worthington dal tetto fino al materasso gonfiato dei pompieri (un'ora prima la battuta era stata: "è fortunato se riesce a centrarlo"), pur di inseguire Ed Harris che se la dà a gambe; roba da Batman. E quando arriva in fondo? 2850 poliziotti non riescono ad impedire: 1) che Worthington scenda tranquillamente dal materasso e si getti alla rincorsa; 2) cazzotti bellamente Harris e lo perquisisca. Non un colpo di avvertimento, non un proiettile ad una gamba, ad una spalla, non un polizioto che si getti addosso a Worthington, tutti lì, a contenere la folla, e ad aspettare di vedere che - come c'è scritto in sceneggiatura - il protagonista sveli l'inghippo e dichiari in mondovisione la propria innocenza. Bon, scena dopo, tutti al bar a brindare, col fratello che chiede in sposa la tettona. E vissero felici e contenti.

Trailer ufficiale

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