10.000 AC

10.000 AC
10.000 AC

Roland Emmerich non è esattamente il mio regista preferito, i suoi film hanno sempre una buona idea di partenza, sono storie che sulla carta mi interessano, mi intrigano, ho voglia di sapere come vengono sviluppate e dove vanno a parare. Ma poi regolarmente rimango insoddisfatto dell'esito, penso che avrei voluto vedere tutt'altro e fatto in tutt'altra maniera, quindi se per qualche motivo "devo" vedere un nuovo film di Emmerich di solito mi preparo al peggio. A 10.000 AC ci sono arrivato un po' perché l'idea di fondo mi sembrava - di nuovo - fighissima, un po' perché avendo giocato al videogioco di Far Cry Primal, lo script pareva quasi la trasformazione in celluloide di quanto avevo vissuto (pieno di entusiasmo e partecipazione) su consolle.

Non è che sia andata poi tanto diversamente dal solito. 10.000 AC non è il peggior film di Emmerich (Sotto Assedio o Indipendence Day - Rigenerazione sono infinitamente più esecrabili), non è il suo miglior film (Il Patriota è forse l'unico che mi abbia davvero strappato una sufficienza), però posso dire che si colloca nella sezione "bicchiere mezzo pieno" della filmografia del cineasta tedesco, perlomeno nel complesso è gradevole da vedere e sopportabile. Nonostante quanto si legge in giro, l'obbiettivo dichiarato di Emmerich (perché, ad esempio, lo dice lui nelle featurette accluse al bluray del film) è mostrarci come si viveva al tempo della datazione del titolo, secondo un'ottica di verismo, cioè quanto più possibile realistica e credibile. Su questa base si inserisce una storia completamente irrealistica ed incredibile, e già stiamo cercando di far combaciare due pezzi di due puzzle diversi. Aggiungiamoci che il presunto verismo (perlomeno pseudo "documentale" se non documentaristico) della cornice è tale solo per Emmerich e la sua troupe perché pure lì ci si prende delle libertà piuttosto generose. Per quanto le location siano naturali (Namibia, Sudafrica, Thailandia, Nuova Zelanda) e non dei fondali in CG, ciò non basta a trasformare il film in uno speciale di Focus sulla preistoria.

Per stessa ammissione di Emmerich vediamo specie animali che si erano già estinte, vegetazione totalmente funzionale alla specifica scena d'azione del caso, teorie alternative - fascinose e "possibili" quanto si vuole - tutte da dimostrare scientificamente su datazione e metodi di costruzione delle piramidi. Come per Apocalypto, era stata presa in considerazione l'idea di usare lingue arcaiche per tutto il film, ma contrariamente a Mel Gibson, Emmerich l'ha cestinata perché avrebbe tolto "emozione" (e incassi) al film. Di fatto, negli Stati Uniti la pellicola è stata un flop ugualmente, poiché la spesa è stata maggiore delle entrate; Emmerich però si è rifatto nel resto del mondo, dove gli incassi sono stati il doppio dell'America.

A livello di casting si è optato per un basso profilo, affidandosi a volti nuovi e freschi, che nella maggior parte dei casi sono stati senza lode e senza infamia, né pessimi né così significativi da rimanere impressi. Un po' come spesso accade per i film di Emmerich, budget ed effetti speciali sono così enormi da far venire le vertigini, ma poi la montagna partorisce il topolino e a fine visione non ti rimane niente negli occhi e nel cuore. E' che a parte il circo visivo, il resto fa sempre acqua a casa Emmerich; i personaggi sono figurine bidimensionali, i cattivi sono "cattivi", i buoni sono " buoni", senza possibilità di chiaroscuri, a un certo punto qualcosa esplode, e se siamo nella preistoria qualcosa esplode uguale. I dialoghi si risolvono i affermazioni icastiche, gli eventi sono lineari, senza intoppi o complicazioni, come accade nella vita reale; si va da A a C passando per B, semplice e chiaro. The End.

Trailer ufficiale

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